The Evil

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=Shark Attack=
00martedì 20 novembre 2007 19:17


Era notte fonda quando la luce dell’ultima finestra del castello si spense in un soffio. Per rendere la stanza un po’ più suggestiva, Gea aveva acceso una candela sul comodino, diffondendo una luce tenue e calda nella sua camera da letto. La luce era tenue, e calda, sì, ma portava con se anche molti ricordi, un tempo belli.
Gea ricordava perfettamente le occasioni in cui si accendeva una candela in casa sua, ed era sempre alle feste o quando saltava la luce nell’abitazione. Da un buio pesto, con un’aria tesa e preoccupata, si avvicinava flebile una luce, una piccola fiamma che riaccendeva speranze e sicurezze negli animi, in particolare nel suo. E ad accenderla era sempre la mamma.
Un bel ricordo come questo, tenero e affettuoso, confortante nei momenti bui, si era trasformato in un ricordo triste, caratterizzato dalla solitudine e da un senso di vuoto interiore. La causa era il Padrone.
Spenta la candela, Gea si avvicinò alla finestra e il suo volto s’illuminò ai tiepidi raggi lunari che attraversavano il vetro che la separava dal resto del mondo. Il suo sguardo si gettò sulla foresta che si stagliava dinanzi al castello come una distesa verde e infinita, mentre il suo cuore volava sopra le cime degli alberi sognando libertà e vento fra i capelli, ma soprattutto libertà. Anche se il suo destino era così irrimediabilmente segnato che non era una grande conquista anche solo poter immaginare di essere libera.
Si allontanò controvoglia da quel sogno al sentire il verso del gufo, suo immaginario nemico. Con quei suoi solenni “uh-uh” la costringeva, ogni sera, a rinunciare a quel flebile piacere, a quella lieve e impercettibile gioia nel cuore che le rinnovava speranza, fiducia e voglia di svegliarsi la mattina successiva. In che cosa credesse, poi, talvolta non lo sapeva nemmeno lei.
La luna illuminava la stanza quel che bastava per non farsi male e muoversi tranquillamente tra i mobili. Prese una spazzola dal comodino e la fece sfilare fra i suoi capelli neri come lei sfilava nella stanza, a passi dolci e senza una precisa sequenza logica, come volteggiava una trottola. Nella sua mente suonavano semplici note di pianoforte, ricordo di qualche persona che le suonava quando lei era piccola. Si muoveva seguendole silenziosamente, in un movimento che in un certo senso poteva addirittura sembrare un ballo, simile ad un waler; purtroppo Gea non ne conosceva nemmeno il nome e non seppe mai dare una forma danzante a quella serie di movimenti che la liberava dall’oppressione della giornata.
Fra tutti i suoi volteggi, si fermò di fronte ad una porta. La sua stanza era comunicante con quella di Sheryl: coinquilina, amica, collega, rivale, alleata… talvolta anche sorella.
Sotto molti aspetti erano identiche e molto legate, ma sotto altrettanti altri erano l’esatto opposto. Un giorno erano incredibili amiche, quello seguente acerrime nemiche, pronte ad uccidersi a vicenda come due gatte randagie.
E il Padrone sapeva, e godeva.
Gea aprì cautamente la porta, per non svegliare l’amica, e la trovò seduta sul cornicione della finestra, il vetro rotto e gli infissi scorticati per poter passare. Non c’erano maniglie perché non potessero scappare.
- Ma che stai facendo! – esclamò Gea, avvicinandosi a grandi passi per impedirle di cadere – Lo sai che non si può!
Sheryl non la guardò nemmeno, ne parve avesse ascoltato le sue parole. Era ancora lì, imbambolata a fissare lontano, qualcosa d’irraggiungibile. Un vento d’aria gelida aveva pervaso entrambe le stanze ed entrambe le ragazze avevano le guance rosse per l’esposizione a troppa aria dopo mesi di astinenza.
- Vieni via, prima che ti scoprano…
- E chi vuoi che mi veda?Il gufo? – rispose finalmente l’altra, mentre stancamente dava retta al consiglio e s’accingeva a scendere. Aveva una mano bendata malamente con una strisciolina di stoffa strappata dalla camicia da notte, ed era tutta insanguinata. Doveva aver rotto il vetro con un pugno.
- Inutile fare la spiritosa – ribatté Gea acida – Tanto ormai il danno è fatto. Che credevi di fare, eh? Ti vuoi far ammazzare?
Sheryl le sorrise. Sapeva perfettamente che non poteva morire, lei. La guardò da capo a piedi, come per alleviare la tensione che le cresceva dentro nonostante fosse in lotta col suo corpo per non tradirsi con nessun espressione. Gea indossava la sua stessa camicia da notte, rosa invece che azzurra, e portava sempre un paio di calzine di cotone perché era freddolosa. Aveva i capelli scompigliati al vento, con riccioli fuori posto ovunque. Il suo volto era sereno, anche se arrabbiato. Non sorrideva, ma non poteva neanche perdersi in una sciocchezza: l’aveva detto lei stessa, il danno ormai era fatto.
- Se la cosa ti preoccupa tanto, sappi che la colpa è interamente mia, quindi me ne prenderò ogni responsabilità e..
- Lo sai benissimo che non è così! – sibilò l’altra, assottigliando gli occhi in due fessure – Il Padrone ti…
- Non m’importa niente del Padrone! – sbottò Sheryl, con ampi gesti delle mani - Quante altre cose può portarmi via, quanto altro dolore può infliggermi? Non ho più nulla da perdere, quindi tanto vale godersi un pochino di vita, un semplice soffio d’aria fresca dopo mesi passati qui dentro, rintanati come topi!
Gea la guardò a testa alta, col naso all’insù, come una che snobba qualcun altro. Non approvava quel genere di discorsi, ma in cuor suo sapeva che aveva ragione. Sheryl non aveva più niente al mondo per cui vivere, e il destino voleva che fosse incapace di morire. Era un particolarità di alcune creature magiche, una particolare maledizione che impediva di morire in qualsiasi circostanza stesse per accadere; e Sheryl era una di queste creature, come aveva abilmente intuito il Padrone qualche anno prima. Gea comprendeva il suo dolore e non poteva fare altrimenti. Quella che aveva davanti ne aveva passate così tante che non era più nemmeno classificabile come Creatura Umana Incapace di Morire. No, quello lo era alla nascita. Da quando il Padrone l’aveva presa con sé nel castello, era diventata velatamente una creatura aliena, qualcosa d’indescrivibile. Giovanissima, appena sulla ventina, ma così magra e segnata dalla vita che sembrava potesse avere cent’anni.
Calò il silenzio tra le due ragazze. Sheryl si attorcigliò nervosamente una ciocca di capelli attorno all’indice e si voltò verso la finestra, con lo sguardo posato lontano; Gea invece deglutì a forza e si limitò ad osservarla, come a volerne carpire i pensieri nella testa.
La sua amica aveva lunghissimi capelli di un tonalità castana molto opaca, resa tale dalla totale mancanza di luce di un paio d’anni prima; erano leggermente mossi, poco curati. La sua pelle era di un bianco quasi innaturale per lo stesso motivo dell’opacità dei capelli, ed era piena di graffi e lividi; nei suoi occhi azzurri come il cielo di prima mattina ci si poteva perdere per la solitudine che trasmettevano, e per il gelo che ti perforava le ossa quando li fissavi. Era anche per questo che molti nemici scappavano di fronte a lei, non solo per la sua potenza e le sue capacità magiche smisurate.
Annuì ai suoi pensieri ed uscì dalla stanza, non curante che Sheryl si fosse di nuovo seduta sulla finestra dondolando le gambe sul lato esterno del castello.
fansdiLicia
00martedì 20 novembre 2007 20:05
lisco e regolare...brava XD
Stefyx93
00martedì 20 novembre 2007 20:21
mi è piaciuto molto è come ha detto fans è liscio e regolare...brava!!=DD
=Shark Attack=
00martedì 20 novembre 2007 21:37
Grazie! ^_^
Questo era il primo capitolo, se volete metto subito il secondo..
fansdiLicia
00martedì 20 novembre 2007 23:03
oh yes ^^
=Shark Attack=
00mercoledì 21 novembre 2007 18:03
Ma è una storia che vi piace, che ne pensate..?
[SM=g9397] Simo puoi mettere come sottotitolo alla discussione "Se vi impressionate facilmente e non vi piaciono le persone sadiche e crudeli questa storia non fa per voi.." ?? [SM=g10744] Grazie!

Ecco il secondo capitolo, il primo s'intitolava "Nel Castello"; questo " Esercitazione / Micah"

Spero vi piaccia! [SM=g10631]




Sheryl si svegliò che i raggi del sole ancora non erano del tutto comparsi da dietro la scura foresta sterminata che circondava il castello e che si stendeva in tutta la sua imponenza davanti alla finestra della stanza della ragazza.
Si passò le mani nei suoi lunghi capelli opachi e nel seguirli fino alla punta si stiracchiò le braccia pigramente. I suoi occhi chiarissimi e innaturali scrutarono l'orizzonte, ma un secondo dopo erano semplicemente puntati lontano, sognando di essere laggiù con loro.
Spostò con delicatezza il lenzuolo di tessuto grezzo e rabbrividì scoprendo le gambe, ossa sotto pelle.
Meno di un minuto dopo Sheryl era già pronta nella sua divisa bianca dai bordi blu scuri. Una fascia dello stesso colore dei bordi separava la giacca dai pantaloni e di quel blu scuro era anche l'elastico che teneva al loro posto in una treccia i capelli. Al collo aveva una catenina minuscola, con appeso un ciondolo a forma di lacrima, rubino color del sangue.
S'udirono due giri di maniglia e alla porta comparve Gea, l'unica compagnia di Sheryl in quell'immenso palazzo.
- Ben svegliata! - esclamò esibendo un enorme sorriso smagliante – Come va?
Se Sheryl le avesse gettato una secchiata d'acqua gelida addosso avrebbe avuto una reazione migliore.
- Va beh, ho sentito che il Padrone ti vuole nel suo studio. - fece un cenno alla porta, ma l'altra ragazza non parve comprendere il messaggio. Era rimasta perfettamente immobile. Gea indurì la sua espressione, il sorriso scomparve e, digrignando i denti, - Su-bi-to!
-D'accordo, vado..
Ogni volta che si muoveva lo faceva con pesantezza e controvoglia. Era il suo modo pacifico per esprimere che quella vita le faceva schifo. Immensamente schifo.
I primi tempi usava esprimere quel concetto cercando disperatamente di distruggere più ale possibili del palazzo, anche se ogni volta veniva regolarmente presa e rinchiusa senza tante cerimonie in un sotterraneo, e lì lasciata dimenticata da tutti anche per mesi. Poi la facevano uscire, il Padrone le faceva la solita lavata di capo e tutto tornava normale. Lei tornava una normalissima bambola. Qualche mese dopo aveva un'altra crisi e la storia si ripeteva.
La musica era sempre la stessa, ma il disco si frantumò dopo che il Padrone la lasciò nei sotterranei per più d'un anno, senza vitto ne igiene. Ne uscì profondamente cambiata. Le ci vollero due mesi perchè riprendesse conoscenza del sole, e ancora le dava qualche fastidio.
Nel palazzo tutti avevano una paura tremenda del Padrone, ma non erano pochi quelli che lo ammiravano per portamento, autorità e potenza. Soprattutto per la potenza.
Quando passava per i corridoi tutti cercavano il più possibile di essere invisibili e di non intralciarlo, mentre ogni volta che chiedeva che qualcosa venisse fatta scattavano come molle per eseguire l'ordine. Lo stesso atteggiamento il personale lo assumeva con Sheryl, e sempre per gli stessi motivi.
Era anche lei molto potente, e in giro si mormorava che fosse persino più forte del suo stesso Padrone.
A passi rapidi e decisi scese le scale della torretta in cui domivano lei e Gea e percorse tutti i corridoi prima di arrivare alla porta dello studio del Padrone. Lì davanti vide una ragazzina esile e molto giovane, non ancora sviluppata, fremere davanti ad una pila di piatti rotti che le erano caduti. Non appena scorse Sheryl la sua rapidità nel raccogliere i cocci si decuplicò e filò via all'istante chiedendo scusa fino a che non era più nel suo campo visivo. Sheryl scosse la testa tristemente e bussò alla porta.
Rispose una voce dal timbro forte. - Avanti.
La porta era di marmo sottile e s'aprì solo utilizzando una buona dose di forza. Era stata progettata per impedire l'accesso ai seccatori, perchè il Padrone sosteneva che chi non avesse la forza per decidere della sua vita senza coinvolgere gli altri non era neanche in grado di entrare al suo cospetto.
- Oggi andremo in missione. Sei contenta?
La poltrona era girata verso l'ampia vetrata che dava luce alla stanza e che mostrava ancora una volta la foresta. Erano al terzo piano del palazzo e si poteva benissimo vedere anche una parte del giardino sottostante. Dal lato destro della poltrona comparve una mano che reggeva un calice di una sostanza simile a latte argenteo. Si vedevano anche le gambe accavallate dell'uomo e una ciocca dei suoi capelli grigi che, alla luce del sole, apparivano bianchi.
La ragazza rimase leggermente interdetta dalla sua frase. Non si sarebbe aspettata ne convenevoli ne qualcosa di gentile, ma l'idea di una missione, per di più insieme.. solitamente le faceva da sola, e neanche di recente. Rispose allo stesso modo.
- Qual'è la missione?
- Un gruppo di gente a cui non piaciamo..
- L'esercito del Re?
- .. anche chiamato così, esatto.. - aggiunse con un gesto della mano di sufficenza.
Sheryl rimase sulla porta, mordendosi il labbro inferiore. Non aveva nulla da dire in contrario.
La poltrona si voltò di scatto e l'uomo le puntò addosso i suoi penetranti occhi neri. - Possiamo andare.
Posò il calice sul tavolo con irruenza mentre si alzava; una goccia del liquido biancastro schizzò sul dorso della sua mano. Senza troppe cerimonie lo leccò via, poi guardò di sottecchi la ragazza, sempre immobile accanto allo stipite.
- Ho ripensato – esordì mentre si sitemava la camicia e afferrava la parte superiore della sua divisa, molto simile sotto ogni aspetto a quella di Sheryl – Ho ripensato alla tua condizione attuale.. da quant'è che non esci dal palazzo?
- Non metto piede neppure nel giardino da 4 mesi, 2 settimane e 3 giorni – rispose prontamente lei.
Il Padrone si bloccò per un istante a quella risposta immediata e precisissima. Si allacciò un bottone con noncuranza e sistemò la banda che divideva diagonalmente il suo petto.
- E in missione? Da quanto?
- Da due mesi dopo che sono uscita dai sotterranei.
- Bene. Oggi azzereremo il contatore, allora. Ho bisogno di te perchè pare che siano davvero molte guarnigioni e ben scelte, non i soliti soldatucoli, contadini con in mano uno stupido fucile..
- Non se ne possono occupare i tuoi soldati?
Si stava riferendo ai cosiddetti “prigionieri” che il Padrone di tanto in tanto faceva tra i nemici più forti che gli si paravano davanti. Solitamente gli eserciti del Re erano piuttosto deboli in confronto a Sheryl, ma ongi tanto un esercito risultava esser messo meglio di altri e il Padrone decideva di prendere qualche soldato in “prestito”, come lo chiamava lui, per metterlo dalla sua parte. Ogni volta che c'era un esercito invadente non scendevano in campo personalmente ne lui ne Sheryl, ma venivano mandati avanti i suoi soldati, dopo averli ricoperti di uno speciale incantesimo che li rendeva infuocati, e quindi impossibili da attaccare per qualsiasi essere umano normale che si sarebbe ustionato al contatto.
- Detesto ammetterlo ma sono in minoranza.
E dopo uno sguardo gelido Sheryl capì che la discussione era terminata.


Il fango schizzò sui suoi pantaloni e rese ancora più indistinguibili le sue scarpe da ginnastica. I lembi del suo mantello strisciavano a ritmo della sua camminata stanca e la pioggia che cadeva fitta non lo aiutava di certo. Lui era stanco, erano ore ormai che vagava in quelle condizioni, non avrebbe retto ancora a lungo.
La sua grande speranza venne animata dall'avvistamento di alcune abitazioni, poco distanti dal bordo della foresta che lo aveva ingabbiato per giorni. Trovando in quella visione le forze necessarie a progesuire, Micah accelerò il passo ma una radice nascosta lo fece precipitare con la faccia a terra. Non per questo scoraggiato si alzò a sedere e si tastò il corpo per controllare che tutto fosse a posto. Che non avesse perso o rovinato un oggetto particolare..
Dieci minuti più tardi la foresta gli era alle spalle e le case erano diventate un paese di modeste dimensioni, con tanto di bar e poste.
Si rifugiò sotto il porticato dell'abitazione dello sceriffo, sperando di poter essere accolto da lui in quella notte di lupi, ma ben presto scoprì, grazie ad un passante, che se voleva trovarlo doveva andare al bar.
- Ragazzo! - sentì urlare dietro di lui non appena ebbe messo piede su uno scalino del portico del bar – Non osare metter piede in nessun edificio del paese, se sei un fuorilegge.. e ne hai tutto l'aspetto. Sei fuggito, per caso?
Micah alzò stancamente la testa verso l'uomo. Lo vide appoggiato al muro mentre fumava una pipa. Aveva il volto rosso, come se avesse bevuto troppo. Doveva esser uscito per una boccata d'aria.
- Non sono un fuorilegge. Sto solo cercando un posto dove stare stanotte, e una persona.
- In questo caso, benvenuto a Mervel ragazzo! Sono lo sceriffo, quindi se mai dovessi sgarrare, sappi che dovrai vedertela con me! - ed esibì un sorriso da furbastro. Avrà avuto una sessantina d'anni, ma aveva tutta l'aria di saper fare bene il suo mestiere.
- ..grazie signore.. posso chiederle dove potrei passare la notte? Sono molto stanco, è da tutto il giorno che vago nella foresta e..
- Con questo tempaccio? Buon Dio, figliolo, sei forse ammattito?
Micah sospirò e approfittò della chiaccherata per risposarsi sedendosi sui gradini. - Non so neanche io cosa stia succedendo, quel che è certo è che sto cercando una persona.. beh, in realtà anche un altro gruppo di gente, visto che non stavo viaggiando da solo..
Il vecchio prese posto accanto a lui e fece un'altra tirata di pipa. Il fumo venne abbattuto dalla piggia quasi ancor prima che potesse uscire dal camino.
- Ti ospiterò io, promesso. Ho un paio di letti che potranno fare al caso tuo.. ma pensa, ha anche l'imbarazzo della scelta, ah! Però in cambio.. - ruotò la pipa e gettò via il tabacco bruciato - .. voglio che mi racconti la tua storia. Che ne dici?
Micah non sapeva veramente se essere felice o meno.


- Non ti nasconderò che il mio scopo qui è di controllare quanto tu sia effettivamente capace, Sheryl. E' davvero tanto tempo che non ti eserciti..
La ragazza soffocò una risata amara. Le missioni erano sempre un eliminare qualcuno, possibilmente più di 10 persone alla volta, e adesso, di fronte ad un esercito di 4 scheramenti, osava chiamare l'imminente massacro di massa “esercizio”..
La risata sarebbe stata amara, ma il suo cuore sprofondò ugualmente nella tristezza. Quei soldati, almeno, potevano morire.. li vedeva già tremare dentro le loro ridicole armature. Lei li avrebbe sbaragliati in meno di un'ora e la sua massima copertura vestiaria era la giacca, di tessuto pesante perchè era un giorno invernale. Presto sarebbero cadute le prime nevi..
Iil Padrone trovò una roccia sporgente per sedersi, e si mise comodo. Sheryl rimase immobile come se non se ne fosse accorta. - Puoi cominciare con quelli in mezzo, direi.. è più interessante vedere i soldati in preda al panico.. almeno avranno qualche brivido prima di andarsene, non trovi?
Gli occhi di Sheryl si ridussero a due fessure, le loro pupille s'iniettarono di sangue. - Assolutamente.
Osservò per bene la sistemazione dei soldati: 8 file da 10. 80 in tutto per schieramento, e lì davanti a lei ne aveva ben 4. 3200 soldati in tutto. Utilizzando i suoi poteri riusciva a visualizzarli uno per uno, e anche ben distintamente. Uno si stava soffiando il naso.
Cercò di fare mente locale e visualizzò solo le file numero 4 e 5, quelle centrali, per l'appunto.
Fece qualche passo in avanti, i soldati della prima fila la videro. I comandanti gridarono di mettersi in difesa e partì un comando anche per alcuni maghi che, dalle retrovie, attivarono delle barriere protettive per neutralizzare i primi attacchi nemici, che erano sempre i più sbaraglianti. Poi si sarebbero ripresi e sarebbero andati al contrattacco. Sì, si ripeteva il comandante, sarebbe andata proprio così. Vide la ragazza e subito capì chi era. Ebbe la sensazione di essersela fatta nei pantaloni.
“I soldati delle file che ho scelto sono più tranquilli.. meglio per loro. La barriera copre fino ad un'altezza e profondità di 50 metri. Ingegnoso.. ma piuttosto scarso.”
Sheryl si era abituata ad avere una mente fredda e calcolatrice. A 200 metri circa dalla prima fila si fermò, puntò a terra i piedi e urlò a pieni polmoni – Il sommo Heebritvi offrela possibilità di salvare la pelle! Arrendetevi e tornate a casa!
Il comandante udì alle sue spalle molti consensi a quella proposta, e pure lui sperava di poter tornare a casa dalla moglie incinta. Guardò lo schieramento alle sue spalle, e gli stemmi luccicanti sulle loro divise. Voltò il cavallo e incoraggiò i suoi.
- Non fatevi tentare da quella strega, noi non torneremo a casa, noi combatteremo perchè chi vi abbiamo lasciato possa avere un futuro! Un futuro in cui regnino pace e serenità, in cui i nostri figli possano crescere e vivere come è meglio per loro, e come vogliamo che sia! Combatteremo!
- Sì! - urlarono gli altri comandanti.
- Combatteremo!
- Sì!! - urlarono i soldati all'unisono.
Il morale delle truppe s'alzò moltissimo all'udire quelle parole, era un concetto che premeva su tutti loro e dopo quel discorso erano pronti a dare il meglio per proteggere i loro cari. Volarono alcuni berretti, le urla si fecero sempre più forti, i sorrisi sempre più vivi. Sembrò persino spuntare il sole tanta speranza c'era nell'aria.
Tutta quell'esplosione di vita e motivazioni fece scattare qualcosa nel petto di Sheryl e le file designate, non solo dello scheramento centrale, crollarono a terra contemporaneamente.
Per i soldati e i comandanti fu un fulmine a ciel sereno. Un soldato della terza fila ebbe il coraggio di controllare come stessero i soldati dietro di lui. Gli cadde il fucile di mano e il suo rumore metallico creò una spaventosa consapevolezza nell'animo di tutti i presenti. Erano tutti morti, senza una goccia di sangue fuori dal corpo.
Lo sgomento raggiunse anche le frange più estreme dell'esercito. Un ghigno soddisfatto si disegnò invece sul volto della ragazza.
Il comandante che aveva fatto il suo discorso vincente qualche secondo prima aveva ancora gli occhi spalancati quando si voltò a guardarla. -..merda...
Sheryl alzò una mano parallela al terreno, si sitemò meglio in piedi e anche le ultime due file, le numero 7 e 8, crollarono a terra, stavolta con i petti lacerati da artigli invisibili. Si rivoltarono tutti nei propri laghi di sangue. Qualche soldato della sesta fila, esattamente in mezzo alle tre appena decedute, si lasciò scappare urla di terrore; altri disertarono lanciando via le armi e farfugliando qualche maledizione alla strega.
Sheryl puntò la mano contro gli schieramenti alla sua sinistra, ma conservò il loro terrore eliminando le prime tre file degli schieramenti opposti, pur senza muovere un muscolo. Le era bastato focalizzarli con la mente per segnare anche loro, stavolta con un soffocamento fulmineo.
I cavalli dei comandati s'imbizzarrirono, turbati da quella presenza demoniaca là attorno e così fecero anche tutti gli altri soldati dell'esercito.
- Ma come.. è già crollata la loro sicurezza?
Sheryl si stava divertendo un mondo. Aveva rabbia e odio e sgomento incanalati in lei da anni, ormai, e questo accresceva il suo potere sempre più. Era irrefrenabile. E sadica. Ma una voce sconvolse il suo delirio.
- Ora basta, Sheryl. - Heebrit, il Padrone – Falli fuori, ho visto quel che m'interessava. Andiamocene.
Il comandante vide in lontananza una figura vestita di bianco che s'alzava e si allontanava. La ragazza si era voltata verso di lui per il tempo che aveva parlato, poi era tornata ad occuparsi di nuovo dell'esercito.
Alzò entrambe le braccia, puntando le mani con le palme al cielo, parallele al terreno. Le divisioni più lontane dei soldati vennero sollevate in aria nell sconforto generale; i soldati a terra erano paralizzati dalla paura e quelli che non lo erano cercavano una via di scampo nella fuga. La treccia di Sheryl vibrò e le sue mani si tesero verso il cielo. I soldati in aria raggiunsero l'altezza di 50 metri o forse più, e nei secondi successivi alla loro librazione vennero gettati a terra di schianto addosso agli altri loro compagni.


Lo sceriffo si gettò nella sua poltrona e alzò goffamente un braccio per afferrare la sua tazza di the. Micah, seduto sulla sedia dall'altra parte della scrivania, fece altrettanto.
- Allora.. laggiù ci sono i letti su cui puoi passare la notte. Ovviamente ne dovrai scegliere uno..
Il ragazzo si voltò a guardare di quale portata fosse l'imbarazzo della scelta: i “letti” non erano altro che brande e la differenza consisteva semplicemente nel lato che la finestra con le sbarre dava sulla strada. Erano due celle per i prigionieri.
- Beh, la ringrazio molto per l'ospitalità, signore. - disse, prima di strozzarsi con la bevanda.
Lo sceriffo annuì compiaciuto. - Ora puoi raccontarmi la tua storia.
Micah si sistemò la coperta sulle spalle e prese la tazza a due mani, sulle gambe.
- Io non sono nato qui.. cioè, non in questo paese, ovvio.. vengo dall'altro Mondo.
L'uomo lo guardò con più attenzione.
- Fin da piccolo mio nonno mi ha raccontato dell'esistenza di questo posto e spesso lo accompagnavo da queste parti per le sue faccende.. non so di preciso cosa facesse, ma mi piaceva stare qui, imparavo anche qualche incantesimo..
Sospirò fissando le tavole del pavimento. Il fuoco nel camino scoppiettò allegramente. Bevve un altro sorso di the e riprese il suo racconto. Lo sceriffo lo stava ascoltando pazientemente.


- Ci hai messo relativamente poco tempo, Sheryl. Brava. E il panico tra i soldatini è stato.. molto esaltante. - Heebrit sorrise compiaciuto.
Sheryl si sedette su una delle sedie imbottite di fronte alla scrivania del Padrone e afferrò uno dei suoi soprammobili in pietra rigirandoselo fra le dita.
- Come hai terminato gli ultimi?
- Li ho fatti schiantare gli uni contro gli altri. - rispose senza alzare lo sguardo dall'elefantino bluastro che torturava con calma facendolo passare di mano in mano.
Gea, in piedi accanto allo stipite della porta metallica dei sotterranei, emise un'impercettibile gemito.
Il Padrone non se ne curò affatto. - Deve averti sottratto una buona quantità di energia. - Un po'.
L'uomo si sedette nella sua poltrona e spostò lentamente lo sguardo da Sheryl, all'elefantino con cui giocherellava svogliamente, a Gea. - La prossima volta che ci sarà un esercito simile andrete in missione voi due. Sarà la prova di Gea, contenta?
La ragazza sentì un fremito lungo tutto il corpo e la bocca le diventò all'improvviso secca.
Non s'udì la sua risposta.
Heebrit continuò a fissarla pazientando.
Sbatteva le palpebre nervosamente e non riusciva a controllarsi. Non aveva mai avuto il coraggio necessario ad uccidere, tanto meno per sterminare così tanta gente. Aveva ancora un cuore, dopo tutto. Gli altri due individui nella stanza no.
Sheryl continuava a rigirarsi fra le dita l'elefantino, tormentandogli la coda e seguendone l'attorcigliamento con un indice bianco.
Gea abbassò lo sguardo a terra, poi sentì rumore di qualcosa che si framtumava. Alzò lo sguardo e vide la sua amica con piccole scheggie di pietra bluastra in mano. La forza del pensiero.
- Allora? - il Padrone si gettò indietro sullo schienale, senza mai staccare gli occhi dalla ragazza. Se li sentiva passare su ogni centimetro del corpo, sentiva le sue occhiate come vampate ogni volta che pretendeva qualcosa di impossibile da lei.
Inspirò profondamente, resa nervosissima da quella situazione. Aveva anche iniziato a sudare.
Annuì in silenzio.
Quella notte non riuscì a dormire. Nella sua mente coscienza e egemonia del Padrone si stavano dando battaglia su ogni fronte. Alla fine la mattina la sorprese col volto rigato di lacrime. Quanto invidiava Sheryl, lei non aveva tutti quei problemi.
Lei non aveva più un cuore.



fansdiLicia
00mercoledì 21 novembre 2007 20:06
vo a fare la doccia....dopo vedo
Kylia92
00giovedì 22 novembre 2007 15:59
mmm.. bello.. ma potrei fare anche io una cosa del genere?
Stefyx93
00giovedì 22 novembre 2007 16:05
Re:
=Shark Attack=, 21/11/2007 18.03:

Ma è una storia che vi piace, che ne pensate..?
[SM=g9397] Simo puoi mettere come sottotitolo alla discussione "Se vi impressionate facilmente e non vi piaciono le persone sadiche e crudeli questa storia non fa per voi.." ?? [SM=g10744] Grazie!





l'ho fatto io [SM=g1343685] [SM=g1343696]
=Shark Attack=
00giovedì 22 novembre 2007 16:40
Grazie Stefy, sei un tesoro!!! ^_^
Stefyx93
00giovedì 22 novembre 2007 16:41
^__^
fansdiLicia
00giovedì 22 novembre 2007 18:56
è molto bello...sei brava, complimenti ^^
Stefyx93
00giovedì 22 novembre 2007 20:21
finalmente ho trovato il tempo per leggerlo..brava [SM=g9313] [SM=g9313] [SM=g9313]
=Shark Attack=
00giovedì 22 novembre 2007 21:44
*_* Grazie! (ciò vuol dire che prima non avevate letto una mazza?? è.é)
Stefyx93
00venerdì 23 novembre 2007 14:49
noooo...prima mi ero letta il primo capitolo...poi però non ho avuto tempo per il secondo =DD
=Shark Attack=
00venerdì 23 novembre 2007 21:35
... hai scampato una terribile morte, sei fortunata.. ^^"

cmq.. nessuno mi dice nulla? come vi sembrano i personaggi, un po' di opinioni! mi servono per sapere come andare avanti con la stesura!
Stefyx93
00sabato 24 novembre 2007 16:41
non so cosa dirti...io non cambierei niente mi piace così ^__^
=Shark Attack=
00sabato 24 novembre 2007 17:57
Allora a breve posterò il terzo capitolo, ma prima lo devo ancora scrivere..!
Stefyx93
00sabato 24 novembre 2007 20:19
[SM=g1343679] [SM=g1343679]
fansdiLicia
00martedì 27 novembre 2007 16:47
ankora la terzo stai?
quanto sei lenta XP

scherzo....dopo le mie 140 pagine andate a fumo la voglia di scrive è svampata XD
=Shark Attack=
00mercoledì 28 novembre 2007 16:35
E' svampata, signor! XD


Ecco il terzo capitolo, o lettori fedeli!

Quando tutto ebbe inizio


- Quindi è grazie a tuo nonno che sei qui?
Lo sceriffo fece un'altra tirata di fumo, e la nuvoletta bianca si sparse nella stanza.
- Sì, anche se.. questa volta il passaggio l'ho aperto io. - Micah si sentì sotto interrogatorio.
- Sei minorenne.
- Lo so.
Per attraversare i due mondi, il mondo Terrestre e quello del Regno, esistevano vari passaggi, ma utilizzabili solo per i maggiorenni. I minorenni dovevano essere accompagnati, o potevano aprire dei passaggi propri solo grazie ad uno speciale permesso del regno. Un passaggio, normalmente, consisteva in un incantesimo di tipo semplice applicato sulla corteccia di un albero, nonostante la complessità delle strutture universali, e, dopo aver attraversato la pianta ci si ritrovava nell'altro Mondo.
I minorenni che attraversavano i passaggi senza permessi o accompagnatori non erano considerati fuori legge, ma, se venivano scoperti, dovevano scontare una pena di qualche mese in detenzione.
Lo sceriffo lo sapeva bene, essendo lui una figura di giustizia. Ma quel ragazzo gli ispirava una strana fiducia. Forse sua moglie Agatha aveva ragione, aveva un cuore troppo tenero per fare lo sceriffo. Sbuffò ancora una nuvoletta di fumo, e Micah riprese il racconto.
- Non ho aperto il passaggio perchè mi ero svegliato col piede sbagliato, signore.. - si giustificò lui, sperando di alleviare quell'espressione crucciata dal volto dell'uomo – Avevo ricevuto notizia che mio nonno era morto in questo Mondo, e volevo partecipare ai suoi funerali.
- Non è una giustifiazione.. - borbottò l'altro in uno sbuffo di fumo.
Il ragazzo fece finta di non averlo sentito. - Qualche giorno dopo il mio ritorno di là dovetti tornare per dichiarare se alcuni effetti erano del mio parente, e quel disgraziato giorno alcuni miei amici mi notarono.
Micah guardò sconsolato il pavimento e sorseggiò ancora il suo the, ma gli scricciolii della poltroncina dello sceriffo lo fecero tornare alla realtà molto in fretta. Il suo interlocutore si era alzato in piedi, la pipa a mezz'aria. Aveva un'espressione serissima sul volto, sembrava quasi preoccupato.
- Umani?
Il ragazzo non capì subito a cosa si riferisse. Stava pensando ai suoi amici, ma non era solito considerarli “umani”, sembrava quasi spregiativo. - Sì, Creature Umane..
- E hai permesso che ti seguissero?
La sua voce si fece più imperiosa e tuonò grave nell'ufficio.
Micah si sentì in trappola, era ciò che aveva sempre rimproverato a se stesso, ma non voleva che un estraneo, oltretutto suo ospitante, assumesse quel tono con lui. Si alzò in piedi ed assunse anche lui un duro cipiglio. Non aveva mai permesso a nessuno di mettergli i piedi in testa.
- Quando me ne sono accorto eravamo già arrivati qui.
Guardò l'espressione sul volto dell'uomo. Erano vicinissimi. Sentiva fortissimo l'odore del tabacco. Quella situazione di stallo rimase immutata per diversi minuti, nei quali i due si squadrarono torvi, gareggiando a chi si stacasse per primo.
Lo sceriffo sospirò e cadde sulla sua sedia, e con un ampio gesto della mano fece cenno a Micah di fare altrettanto, e di proseguire il racconto. Un'altra nuvoletta bianca riempì l'aria della stanza.
- Quindi siete arrivati qui tu e i tuoi amici senza che te ne accorgessi, giusto? - chiese l'uomo, cercando di contenere in fatto che si stesse spazientendo. Prima il passaggio aperto da un minorenne, poi degli Umani intrufolati nel suo Mondo.. chissà come sarebbe andato a finire il racconto..
Micah, dal canto suo, decise che sarebbe stato per lui conveniente tacere su alcuni dettagli. - Io e i miei amici, esatto. Quando sono uscito dall'albero me li sono ritrovati alle spalle.
- Quanti?
- Avvertirà le autorità?
Lo sceriffo sorrise. - Io sono l'autorità, figliolo..
- Intendo, la Polizia Suprema del Regno?
L'altro annuì.
Micah sospirò. - Con me eravamo in 8.
Lo sceriffo cercò di contenersi. Era oltre la sua tolleranza, ma decise di far proseguire il ragazzo.
- Prosegui..
- Mi denuncerà? - chiese in un fiato Micah, con una nota di timore nella voce. Forse non era un bene che raccontasse tutto allo sceriffo, anzi non sapeva neanche perchè lo stesse facendo. Era una storia privata, in fondo. E neanche bella.
Sorseggiò nervosamente il the, aspettando in trepidazione la risposta dello sceriffo.
Ebbe un sussulto. La bevanda gli si versò sulle mani, ma non si curò di quanto gli bruciasse sulla pelle. Possibile che non ci avesse pensato prima? C'era cascato come un pollo..
La bevanda era avvelenata. Nel the doveva aver messo qualche polvere di erba che donava loquacità e veridicità all'interloqutore, così ora era costretto a parlare e a dire cose vere. Serrò i pugni e assunse un'espressione irata. - Maledizione..
- Per le dosi che ti ho dato dire che l'effetto può durare dai 2 ai 3 giorni, notti comprese.
Micah poteva prepararsi un'antidoto.
- Non ti permetterò di uscire dall'ufficio.
Niente antidoto, non aveva con se nessun materiale.
- Lo faccio per il tuo bene. Pensa se andassi a dire a tutti quel che mi stai raccontando..
- Mi fidavo di lei, sceriffo.
- Tu dici?
Micah fremeva di rabbia, non sopportava esser sopraffatto da qualcuno, tanto meno esser messo alle strette senza possibilità d'uscita. Da un vecchio, oltretutto!
Sospirò pesantemente, senza dissipare la sua espressione carica di risentimento verso lo sceriffo, e si risedette sulla sedia. Cercò di contenersi dal lanciare in testa all'uomo la tazza di the e la poggiò sul tavolo. Il fuoco scricciolava allegro, ignaro di quel che stesse accadendo nella stanza che riscaldava.
Lo sceriffo fece un'altra nuvoletta di fumo bianco. - Dunque.. eravate in otto. Prosegui..
Il ragazzo mise la mano sinistra sotto la gamba per nascondere che stava fremendo dalla voglia di fare di quell'uomo un sacco da pugilato. - Eravamo in numero pari maschi e femmine..- proseguì suo malgrado, e l'uomo non mancò di notare come aveva sottolineato quel vero principale.
- <b>Eravate?</i>
Sospirò. - Due sono morti. Un maschio e una femmina. Linda e Menui, miei carissimi compagni di classe.
- Non avrebbero dovuto seguirti – commentò freddo l'altro.
- Già.. quando me li ritrovai là dietro.. non sapevo che pensare. Una parte di me voleva che non fossi solo, ma sapevo bene che non avrebbero potuto andare avanti a lungo, insomma.. non in una terra martoriata dal Demonio come la nostra..
- L'esercito del Re sta facendo il possibile per fermare quel pazzo..
- .. solo che non è sufficente. - completò sconsolato il giovane. Lo sceriffo annuì.
Per un paio di minuti s'udirono solo i rumori del rimescolamento del tabacco nella pipa.
- Non ti chiederò come sono morti i tuoi amici, sono dettagli che non m'interessano. E' la foto della ragazza che vorrei vedere, e ora che so com'è arrivata qui..
Micah scattò di nuovo in piedi. - Che foto?
L'altro non si scompose. - Quella che hai nella giacca. Sbucava dalla tua tasca, quando sei arrivato sotto il portico della locanda..
Il ragazzo guardò a terra. Era stato proprio sfortunato ad aver incontrato quell'uomo. Ora doveva racontargli anche di Sheryl.

Alzò lo sguardo e vide l'uomo che gli tendeva la mano, aperta. Attendeva la foto.
Lui mise la mano in tasca e la tirò fuori. C'era un gruppo di ragazzi, tre in tutto. La ragazza a destra era stata cerchiata con un pennarello rosso, sorrideva allegra come gli altri due suoi amici e compagni di scatto. Lei aveva i capelli castani e gli occhi color nocciola.
Micah fissò la foto con un triste sorriso dipinto sul volto. Ricordava bene il giorno che era sbucata dall'albero passando dal mondo terrestre a quello magico. I suoi amici erano caduti uno sull'altro in una pila umana molto esilarante, ed erano indecisissimi se star lì a lamentarsi di chi avessero sopra e di chi stesse schiacciando il gomito a chi o se meravigliarsi di esser entrati ed usciti dalla corteccia di un albero, e di esser passati dal paesaggio metropolitano ad uno libero e campagnolo.
Durante i primi giorni aveva dovuto spiegare almeno sei volte a ciascuno che cosa stesse facendo lì, come erano passati nell'altro mondo, dove fossero e migliaia di altri dati che per lui erano noiosi e scontati ma che per loro, i suoi amici terrestri, assumevano tutto un altro significato. Era il sogno di tutti i bambini e i ragazzi della Terra, un mondo con la magia.
Il più grande problema di Micah era stato spiegare la tragica situazione in cui si trovava il Regno, con un Demonio a farla da padrone senza pietà e il pericolo costante ovunque si trovassero. Li pregò di tornare indietro e di dimenticare tutto, ma nessuno, come tevema, fece il passo indietro. Anzi.
Già dalla prima settimana di viaggio alcuni dei ragazzi mostravano di avere capacità magiche: c'era chi accendeva un fuoco, chi faceva volare le foglie, chi rendeva di altri colori i sassi..
Micah sapeva che solo chi aveva anche un minimale potenziale magico poteva attraversare gli alberi, e infatti la sua più grande sorpresa fu la rivelazione dei suoi amici. Tutti avevano qualche capacità.
Tutti tranne Sheryl.
Ma la cosa non le importava molto, almeno i primi tempi.
Micah la ricordava con gli occhi pieni di stupore per le prodezze degli amici e, soprattutto, per le sue, dato che era il più esperto tra tutti in fatti di magia.
Ma il viaggio non era una scampagnata, e di villaggio in villaggio, di foresta in pianura, incontrarono vari pericoli in cui l'uso della magia fu indispensabile.
In quel periodo Sheryl ancora non aveva scoeprto nessuna capacità magica, e la cosa si stava ritorcendo contro lei e la compagnia. Spesso era di cattivo umore perchè si sentiva inutile, e per una ragazza così piena d'iniziativa e di buon umore, era una cosa intollerabile.
Si addossò la colpa della morte di Linda e Menui, tormentandosi con miliardi di ipotesi sul quel che avrebbe potuto fare per salvarli se avesse avuto dei poteri anche lei. A nulla valsero i tentativi di consolazione.
Poi, un orrendo giorno che Micah ricorderà per tutta la vita, non trovò più Sheryl. Al mattino non era nel suo giaciglio, ne nelle zone attorno al loro accampamento. Nel frattempo il potere sempre più forte del Demonio alimentava la paura che potesse essere stata eliminata da una delle sue truppe in giro per il Regno.
La cercarono per mesi e mes, e ancora adesso Micah la stava cercando.
Non avrebbe mai potuto perdonarsi di averla persa. In fondo era colpa sua se li aveva coinvolti in quel Mondo..

- E così.. - lo sceriffo spense definitivamente la sua pipa, stanco per via dell'ora che si era fatta – E così hai perso la tua amica, quei due sono morti.. e gli altri?
Micah aveva ancora lo spirito triste per il brutto ricordo evocato.
- Beh, gli altri erano più autonomi e ho pensato che fosse meglio lasciarli in un villaggio, lontani dal Demonio.
- Heebrit.. - sussurrò l'uomo in un ultimo sbuffo di fumo.
- Come, scusi?
- Dicevo.. no, nulla..
- Ho già sentito quel nome..
- Eh, figliolo.. pare sia il vero nome del Demonio, perchè quello che usiamo noi è solo un appellativo.. Si chiama Heebrit, che nelle lingue preistoriche vuol dire “vento gelido”..
Micah sistemò la coperta. Il fuoco stava lentamente appassendo su se stesso, come un fiore che si chiude quando viene la sera.
- Io temo che la scomparsa di Sheryl sia legata a quel mostro. Ma ho paura solo al pensiero..
- Molto probabilmente è così, e mi dispiace. Da quel che ho capito, eravate tutti un gran bel gruppo di amici, uniti per la pelle, giusto?
Micah annuì in silenzio.
Lo sceriffo allungò ancora la mano per guardare la fotografia. Il ragazzo gliela diede a malincuore, come se stesse consegnando parte di se stesso.
Si fermò a contemplarla per lungo tempo, rimuginando sui lineamenti della ragazza.
Udì il giovane mormorare qualcosa.
- Come dici, scusa?
L'altro si schiarì la voce. - Chiedevo se fosse possibile che da queste parti l'abbiate vista..
- Ah! - tornò alla foto – Beh, non garantisco nulla, ma mi sembra un volto più o meno familiare.. ora vai a dormire, mentre io controllo il mio registro. Nel caso, domani chiederemo un po' in giro per il villaggio. Non è molto, ma tentare non costa nulla..
Micah si alzò senza sollevare il viso da terra, e mogio ringraziò in un borbottio l'uomo e si gettò sulla prima delle due brande che aveva a disposizione per la notte.

“Proprio come pensavo”, si disse fra se e se lo sceriffo, spostando senza far rumore alcune carte e disegni di identikit, “Questo volto non mi è nuovo..”
Lanciò un'occhiata a Micah, addormentato tranquillo con la bocca aperta sulla branda, una gamba sporgente dal letto quasi a toccare terra. Lo sceriffo sorrise tristemente, poi chiuse il suo registro reinserendovi dentro i suoi documenti. C'erano molti disegni di volti, tra cui uno molto somigliante alla giovane Sheryl.
Strinse il nodo che chiudeva il plico e uscì sulla veranda ad ossrevare il cielo e sperare che l'indomani non avrebbe piovuto.
“Mio caro giovanotto.. ”, il cielo era coperto di nuvole e la pioggia continuava a scendere, ma meno fitta di prima, “ Mi spiace dirlo, ma sei il migliore amico del braccio destro di quel Demonio di Heebrit..”





fansdiLicia
00mercoledì 28 novembre 2007 17:48
dopo lo leggo
=Shark Attack=
00giovedì 29 novembre 2007 17:51
Letto? ^^
fansdiLicia
00giovedì 29 novembre 2007 20:07
ankora no...ho un po' da fare...ma lo leggo quanto prima mi libero dai compiti
=Shark Attack=
00domenica 2 dicembre 2007 21:37
Uffi, senza i vostri commenti non mi metto mica a scrivere il quarto capitolo! Quindi sentitevi con un peso sulla coscienza.. ^^
Stefyx93
00martedì 4 dicembre 2007 20:52
[SM=g10218] Wow...bella la fine...complimenti [SM=g10633]
=Shark Attack=
00martedì 4 dicembre 2007 22:32
Grazie! ^^ Domani posto il 4° capitolo, sperando che vi piaccia di più!
Stefyx93
00mercoledì 5 dicembre 2007 17:15
[SM=g1343679] [SM=g1343679]
=Shark Attack=
00mercoledì 5 dicembre 2007 18:01
Contenuto V.M. 18.. ma non troppo! ^^

Possesso e Libertà

La sua divisa la stava aspettando, linda e candida maschera di un animo che più nero e macchiato non poteva essere.
Si asciugò i ricordi del pianto della notte precedente col dorso della mano e si alzò a sedere sul letto. Odiava quella vita, non vedeva l'ora di finirla, ma sapeva che se fosse morta il Padrone si sarebbe vendicato con i suoi parenti, abitanti nel Regno. Distanti, ma mai abbastanza.
Gea scrutò l'orizzonte, il cielo era chiaro come sempre e il sole salutava il mondo ignaro dei suoi mali. Guardò la divisa, identica a quella di Sheryl e molto simile a quella del Padrone. La odiava. Segnava la sua appartenenza e sottomissione a quell'uomo, e lei odiava pure lui. E lui lo sapeva. Basava molto del potenziale magico su quel sentimento, da lui molto apprezzato.
Si alzò e si stiracchiò, sperando che quel giorno sarebbe stato migliore degli altri e che il giorno della sua “esercitazione” tardasse il più possibile ad arrivare.
Nella stanza accanto, Sheryl stava ancora dormendo tranquilla sotto le lenzuola. Stava sognando.
Ogni volta che si ricordava dei suoi sogni rimaneva con un tarlo in testa per giorni, fino a che il Padrone non le cancellava il ricordo col pretesto di farle del bene. Lei sapeva che non era così, ma non poteva fare altrimenti.
I suoi sogni erano tutti stranissimi, ed erano caratterizzati dalla continua presenza e comparsa di alcune persone, circa una decina, di cui ricordava a malapena i volti. Sentiva di averli già visti da qualche parte, ma non ricordava nulla di più.
Quella notte aveva sognato di piangere accanto a due cadaveri, ma il sentimento triste non la sfiorò quasi per nulla. Sentiva solo un lievissimo dispiacere, più che altro perchè non ricordava le identità delle salme.
Un brusco bussare la fece tornare alla realtà, e, dopo un iniziale spaesamento, si avviò verso la porta. Gea si trovò davanti una ragazza assonnata e coi capelli in completo disordine.
- Per oggi non è previsto nulla di che – esordì la ragazza in divisa, entrando nella stanza senza aspettare che l'altra la invitasse – Solo noie nel Castello.
- Posso dormire ancora, quindi?
- Sai che al Padrone non piace l'ozio..
Si sedettero su letto, l'una di schiena all'altra. Era un rituale mattutino: Gea sistemava in una treccia i lunghi capelli di Sheryl e lei fissava il vuoto antistante la finestra.
A lei non faceva alcuna differenza avere i capelli a posto o no, ma sapeva che farsi pettinare rendeva l'amica più felice. Gea adorava pettinare e prendersi cura del proprio corpo, per questo aveva imposto quello strano rituale mattutino a Sheryl: era una delle poche cose che le era concesso fare che le ricordassero di essere una persona, e non una macchina da guerra.
Prese la spazzola rossa dal comodino della ragazza e s'incantò a pettinare con cura ogni ciocca, per un tempo che pareva essere infinito quanta era la calma che veniva trasmessa ad entrambe. Sheryl sentì l'altra canticchiare qualcosa. Era piuttosto allegro, o malinconico.
- Che cos'è? - le chiese, gli occhi ancora imambolati sul mondo esterno.
- Una canzoncina.. me la cantava mia madre da piccola per farmi addormentare.
- Perchè la mugoli?
- Non capisco.
- Non vuoi cantarla?
Ci fu qualche secondo di silenzio.
- Non ricordo più le parole..
Sheryl udì una velata tristezza in quella frase, ma non continuò il discorso. Anche a lei sarebbe piaciuto poter ricordare di più sulla sua vita passata.. perchè sapere che c'e n'era stata una era tra le sue poche certezze.
Bussarono alla porta, e la voce di Gea riacquistò un tono fermo. - Avanti.
Apparve sulla soglia una ragazza esile e tremante. Chiese scusa per l'intromissione e posò un abito piegato con cura sul bordo del letto. Poi, con un inchino profondissimo, scomparve dietro la porta di legno nero.
Il rituale delle due ragazze si bloccò, entrambe rimasero impietrite dalla comparsa dell'abito nella stanza. Era molto semplice, diviso in due alla media altezza della cassa toracica, sopra scollato e rosso scuro e sotto, gonna lunga fino al ginocchio, bianco a fiorellini rossi chiari disegnati finemente.
Solitamente Sheryl e Gea vestivano la loro divisa bianca e blu o, per dormire, la camicia da notte, ma quell'abito aveva un significato molto particolare: era l'inconfondibile segno che Heebrit voleva stare in compagnia di Sheryl.
Gea strinse le labbra e con nervosismo sciolse la treccia che stava facendo all'amica e cominciò a passarle la spazzola con foga, lisciando i capelli.
- Meglio scioglierli, lui li preferisce così.
Sheryl si limitò ad annuire. Ancora una volta, non era lei a decidere delle sue azioni.

Non molto lontano dal Castello, un uomo basso e grassoccio camminava nervosamente davanti ad una tenda, controllando di tanto in tanto un orologio terrestre. Erano in ritardo.
Il suo modo di vestire metteva in risalto una volontà di apparire normale, mal riuscita perchè nessun abito tra quelli che indossava gli stava bene. In particolare la camicia verde scuro che gli stringeva al collo. Insopportabile.
Sussultò ed esultò quando dalla tenda uscirono tre ragazze, tutte in abiti borghesi, pronte ad una partenza. - Era ora!
- Ci scusi – disse una delle tre, con aria dispiaciuta – Non è stato facile trovare degli abiti adatti..
Tutte e tre erano vestite di bianco, non in modo appariscente ne sobrio: magliette corte, gonnelline, pantaloni.. cose normali per qualunque terrestre, un po' meno per gli abitanti del Regno.
- Possiamo partire – esclamò la seconda delle tre, mentre sistemava con un ampio movimento della testa i suoi capelli rossi.
L'uomo sbuffò, e la congrega si mosse. Dopo qualche minuto di camminata raggiunsero altri due ragazzi, di età simile alle ragazze, ed anche loro vestiti di bianco. Non persero tempo in convenevoli e si avventurarono subito alla volta dei villaggi limitrofi al Castello del Demonio.

Il Castello era stato costruito nel bel mezzo di una piccola radura al centro di un'enorme foresta impenetrabile, sia per ragioni naturali che per ragioni di natura magica, come molte barriere protettive che si incontravano nell'attraversarla.
L'edificio era molto ampio, ma relativamente vuoto al suo interno. Era stato costruito con blocchi di marmo bianco resi opachi e scuri dalle presenze maligne che lo abitavano, e per chi non sapeva cosa fosse, ad un primo impatto poteva sembrare addirittura il castello di una dolce principessa imprigionata in una delle due alte torri.
Da un lato, la radura era stata fortificata, e la foresta era più diradata per permettere il passaggio di merci e persone. Vi era una specie di dogana a controllare il via vai più o meno continuo, e alte mura incuriosivano i ragazzi dei villaggi che si sfidavano in prove di coraggio per scavalcarle e vedere e effettivamente c'erano tutte le mostruosità che si narravano in giro.
Heebrit vedeva ogni movimento di quell'ingresso dall'ampia vetrata che occupava un muro intero del suo ufficio. Era solito passare il suo tempo lì dentro, con la sua bevanda argentata in mano, intento a trattare con personaggi di risalto del Regno che patteggiavano con lui per la salvezza loro e di chi stava loro a cuore o a controllare i movimenti del Re che gli dava battaglia senza tregua. Altre volte si ritrovava semplicemente a fissare lontano, sognando come sarebbe diventato il Regno sotto il suo dominio totale.
Era assorto in simili pensieri quando Sheryl bussò alla porta ed entrò ancor prima che l'uomo avesse potuto darle il permesso.
- Oggi ho riflettuto parecchio sulle nostre condizioni – esordì lui senza voltarsi – Passiamo il nostro tempo chiusi qua dentro, incutiamo terrore pur facendoci vedere molto raramente e riusciamo ad imporci grazie a conoscenze magiche apprese ed utilizzate fra queste mura.. non ci giriamo i pollici, è evidente, ma non mi sembra che abbiamo neanche una vita abbastanza movimentata. Capisci cosa intendo?
- Veramente no.
Heebrit si voltò e poggiò il bicchiere sul tavolo, rimanendoci poi appoggiato con le braccia. - Quel che intendo dire è che dovremmo uscire e continuare la nostra vita, come se non fossimo i Demoni del Regno.. non solo, almeno.
- Ma non passeremmo in condizione di svantaggio? - chiese la ragazza timorosamente, rimanendo sempre immobile e in piedi – Saremmo più vulnerabili e ci potremmo far pervadere da.. dai.. sentimenti.
L'uomo la guardò, e un sorriso gli si tirò in faccia.
- Risposta esatta, mia cara. Sarebbe estremamente pericoloso lasciare la nostra dimora, anche se ormai siamo così potenti che dovremmo cascarci proprio come delle pere cotte per porre fine al nostro dominio – le si avvicinò sinuosamente, sempre più – Lasciamo pure le amicizie e le generosità varie, pietà e cose simili a quei perdenti che si oppongono a noi.. che importa?
Le prese fra le dita una ciocca di capelli e se l'annusò. Profumavano, certo, ma sapevano anche di chiuso. Sheryl deglutì e cercò di spostare lo sguardo altrove, ma lui ormai le era entrato nella mente, qualsiasi cosa le venisse in mente di fare poteva anche scordarsela. Era iniziato il gioco delle bambole.
- Hai imparato bene la lezione, ma voglio di più.. - continuò l'uomo, avvicinandosi sempre più al collo – Voglio che tu capisca, provando sulla tua pelle, perchè non c'è altro luogo in cui tu possa stare bene se non questo castello..
Sheryl si limitò ad ascoltare l'ennesima richiesta del Padrone, il suo sguardo era sempre perso sulle cime della foresta. Ormai aveva imparato che era meglio rimanere piuttosto indifferenti a tutto quel che le faceva Lui, anche perchè non poteva replicare, ribellarsi o non stare alla sua mercè. Heebrit era di carattere molto testardo, e quando si metteva in testa di fare qualcosa non esisteva nulla che potesse fermarlo, e in quel momento voleva giocare col corpo della ragazza. Sheryl lo leggeva a chiare lettere nella propria mente, completamente sotto la volontà del Padrone.
Sentiva il suo fiato sul collo, caldo e sensuale, ma col tempo divenuto abituale e privo di emozioni; sentiva il suo vestito muoversi, e le mani di lui che non indugiavano sulla sua pelle chiara..
Il discorso s'interruppe nel momento in cui Heebrit cominciò a baciare con trasporto la ragazza, come un uomo che beve dopo giorni di astinenza; lei ricambiava il minimo indispenzabile per tenere buono lo stato d'animo del Padrone, che altrimenti si sarebbe alterato. Poi sentì il suo tocco nell'incavo dei seni, e l'abito sollevarsi fino ad esser levato del tutto; infine sulla schiena sentì il ruvido del tappeto e la mente di Sheryl non ebbe più nessun potere sulla ragazza.
Heebrit giocava con avidità con quel bel fiore che gli si schiudeva davanti agli occhi ogni volta che ne aveva voglia, e ogni volta per lui era come la prima. Quando si concedevano l'uno all'altra, nel Palazzo di tirava un sospiro di sollievo, perchè la presenza di Heebrit nella mente di tutti i suoi posseduti si allentava via via che si scioglieva nel piacere, pur non dissolvendosi mai del tutto.
Gea, all'estremità opposta del corridoio, sentendo i gemiti dell'amica, sospirava tristemente su quella libertà che sentiva nel cuore, una sensazione di oppressione che lentamente lasciava posto a leggerezza, sapendo bene quanto costasse.

Il villaggio aveva una forte presenza contadina, sia per la qualità delle persone che ci vivevano che per lo stile di edificazione usato, capanne di pietra con tetti di frasche e paglia, l'una attaccata alle altre. Zac le guardò e individuò nell'aria i pigmenti di magia che proteggevano tutta la zona.
Sentì alle sue spalle una voce femminile notare con enfasi il modo di vestire di tutti, nel villaggio. - Pensavo fosse una specie di leggenda.. si vestono davvero tutti di bianco!
- Ma certo, è il segno distintivo del Demonio, non lo sapevi? - replicò lui, ironizzando sull'ingenuità di Patty – Ed è per questo che anche noi ci siamo vestiti di questo colore, per non dare nell'occhio..
- Lo fanno per compiacere il loro Padrone – aggiunse Frederick, cupo, raggiungendoli al fianco – Non capisco proprio cosa spinga così tanta gente a seguire quel pazzo..
- Siamo qui per scoprirlo, Fred! E poi.. lascia fare alla grande Helen, e il caso verrà risolto in un istante! - aggiunse la seconda ragazza del gruppo con ampi gesti delle braccia per enfatizzare la sua persona, proprio mentre Patty la tirava per un braccio e le faceva cenno di stare zitta. - Vuoi attirare l'attenzione di tutti? Siamo in incognito, scema!
L'altra si limitò ad una linguaccia e il gruppo varcò con decisione le soglie del villaggio. Come temevano, vennero subito individuati come estranei e gli sguardi si fecero immediatamente di fuoco. Erano stati tacitamente bollati.
L'uomo che aveva atteso le ragazze fuori dalla loro tenda aveva precedentemente messo bene in chiaro che non avrebbe messo piede nel villaggio, e così fece. Rimase sul suo cavallo a fissare i ragazzi mentre cercavano di mescolarsi nella confusione di una strana euforia che riempiva le stradine.
- Ma che succede? - si chiese Zac, vedendo che all'improvviso lo stato d'animo dei paesani si era radicalmente trasformato da serietà e assoluta rassegnazione al proprio destino ad allegria visibile in ogni occhio che incrociava.
Un tacito segnale li aveva scossi, tutti all'unisono, e sembrava che il loro giogo fosse stato sciolto donando libertà e felicità a tutti. Le fanciulle avevano i visi pieni di allegria e sorrisi sinceri, i bambini osavano giocare a palla in strada e tutti gli adulti facevano sospiri di sollievo e godevano più tranquillamente la loro gioia.
- Il loro legame col padrone si è allentato – disse Helen richiamando l'attenzione dei compagni, che si voltarono verso di lei incuriositi dalla novità. La trovarono accanto ad una ragazza poco più piccola di loro, che sorrideva stanca.
- Me lo ha detto lei – comunicò subito la ragazza, e chiese alla paesana di continuare la spiegazione.
Quella non se lo fece ripetere due volte, e sentire le sue parole era come sentire uno sfogo. - Non sappiamo la reale causa, ma ogni tanto sentiamo che il nostro cuore si allieta, in comunione con quello del Padrone! La morsa della sua possessione si allenta e noi torniamo a respirare il profumo della vita!
Il gruppo di terrestri fece fatica a comprendere quelle parole, e non solo perchè le ultime parole erano fuggite con la ragazza nella gioia comune, ma soprattutto per il concetto.
- Morsa della possessione? - chiese stupita Patty, con un punto interrogativo in fronte.
Si voltò verso gli altri e li vide rattristati in volto. - Che avete?
Zac espirò. - Questa è gente dannata.. non sappiamo i motivi per cui si sono uniti a quel folle, ma ormai è cosa certa, non sono leggende metropolitane..
- Che cosa?
- Il Demonio prende pieno possesso dell'anima degli altri. - concluse Fred in tono grave. Ma la questione non era del tutto chiara, per i ragazzi era ben difficile immaginare quale sensazione possano avere i sottomessi al Demonio, anche perchè nessuno sapeva ben descriverla.
Sapevano solo che era terribile e difficilmente sopportabile a lungo. Ma tutti gli abitanti dei villaggi, tutte le persone soggette a Heebrit convivevano quotidianamente con quella sensazione.

Gea si alzò di scatto e decise di andare a fare una passeggiata in giardino. Ora le era concesso, Sheryl era ancora impegnata col Padrone e lui non avrebbe curato ogni suo passo per un bel po'.
Heebrit era felice, ma anche un pochino triste. Quel rapporto che stava avendo con la sua prediletta poteva essere l'ultimo per molti mesi. Ma non se ne curò più di tanto, e scacciò con forza quel pensiero ogni volta che tornava a galla nella sua mente.
Sheryl ormai si era completamente persa nella passione dell'uomo e non riusciva a pensare a null'altro che non fosse accontentarlo in ogni sua richiesta, dalla più passabile alla più spinta. La sua mente era imbambolata e lei si sentiva persino felice, ma sapeva che quella felicità non era affatto sua: Heebrit, da quando l'aveva posseduta per la prima volta, in senso sia fisico che spirituale, influenzava tutto di lei, dalle volontà alle sensazioni. Ora lui era felice, e lei di conseguenza. Ma Sheryl era anche triste, triste per il suo destino crudele.
Quello che udì poco dopo la risvegliò completamente. Erano sdraiati, lei al suo fianco mentre lui le accarezzava ancora tutto il corpo, talvolta non sfiorandola solamente. I battiti della ragazza erano molto alti, quelli dell'uomo l'esatto opposto.
- Ricordi che ti ho detto che avresti provato sulla tua pelle che questa è la tua unica casa, ridotta come sei?
Lei annuì, ma si sentì in dovere di puntualizzare l'affermazione. - Non sono ridotta.. sono diversa, trasformata...
Lui sorrise. - Ho intenzione di farti avere quest'esperienza immediatamente – gettò uno sguardo all'ampia vetrata, il sole stava cominciando a calare, come ogni giorno nel primo pomeriggio – Stasera stessa sarai fuori dal Castello, contenta?
Sheryl si alzò a sedere per guardarlo preoccupato, una mano sul suo torace. - In che senso sarò fuori dal Castello, che vuoi dire?
- Non mi sembra molto difficile da capire..
- Intendo dire.. per quanto tempo, dove andrò, cosa devo fare..? - le solite domande che faceva ogni volta prima delle missioni per lui. L'idea della libertà era ancora troppo velata sotto lo spesso involucro del sogno.
Sentì una mano accarezzarle il seno e poi rigirare tutto il petto disegnando ghirigori arrivando fino alla guancia. Lo sguardo di Heebrit si fece più tenero, mentre la fissava negli occhi. - Fino a quando non capirai quel che ti ho detto. Dove andrai non lo so, e francamente non m'importa. Hai piena libertà di decidere, non verrò ad importunarti, promesso. Stessa cosa per il “cosa fare”.. cerca di vivere il più normalmente possibile, come hai sempre desiderato fare.
Sheryl rimase impietrita dalla notizia. Le stava donando la libertà? Poteva tornare a vivere normalmente, andare dove voleva, fare quel che le pareva.. Ancora si stava chiedendo come potesse essere possibile che non si accorse che Heebrit aveva ripreso l'attività con lei. Si ritrovò ancora il tappeto sulla schiena e la testa per terra e il gioco ricominciò. La possessione continuava, ma il cuore di Sheryl cominciava ad assaporare una strana libertà.
Questa volta lei sorrideva di gusto, ed era lei a volerlo.


=Shark Attack=
00venerdì 4 gennaio 2008 15:19
Vaaaa bene! Il pubblico qui è un po' scarsino, ma che ci si può fare.. io continuo ad aggiornare! Mi raccomando, ditemi che ne pensate, ok? [SM=g1390753]





Aspe che non funziona il copia-incolla.. argh..
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